"Riflesso su Carta" - Un Saggio di Iveta Gabalina

Quando guardiamo una fotografia, per la maggior parte pensiamo al suo contenuto. Cerchiamo di afferrare il momento decisivo di Henri Cartier-Bresson o il punctum di Roland Barthes. Un’immagine fotografica ci permette di vedere il mondo in una maniera unica. Realtà tridimensionale convertita in un’immagine piatta. Movimento catturato dentro una foto ferma, utilizzando il metodo di lunga esposizione. I famosi studi di Muybridge sull’andatura di un cavallo sono tanto mozzafiato quanto le nuvole congelate di bombe nucleari in Stopping Time di Edgerton. Tuttavia, ciò che facciamo con la fotografia non è esattamente fermare il tempo – piuttosto, catturiamo quel riflesso cangiante di luce che accarezza momentaneamente il soggetto. Senza luce, catturare un’immagine sarebbe inimmaginabile.

Viviamo in un’era di immagini. La fotografia si è evoluta quasi fino al livello di una nuova lingua. Pervade le nostre vite, dai nostri passaporti ai cataloghi del supermercato. E poi ci sono immagini che trattiamo con molta più riverenza. Lascia che ti faccia un paio di esempi. Le foto del matrimonio di tua nonna, un ricordo del significato speciale della famiglia nella nostra vita. Una fotografia artistica esposta in un museo, o forse una acquistata da portare a casa con te, da preservare per generazioni a venire.

Ci piace considerare questo tipo speciale di fotografie – non solo sui muri di un salotto ma anche in una varietà di altri interni – come testimonianze di un’identità.

Le immagini alle quali diamo valore sono parte di noi, delle nostre storie, dei nostri gusti, di argomenti che riteniamo importanti. Questi oggetti molto probabilmente vivranno più a lungo di noi, il che è in un certo senso rassicurante. Forse senza intenderlo, questo è il modo in cui continuiamo a vivere dopo la morte. Nei ricordi degli altri, soprattutto.

La luce che crea una foto può distruggerla altrettanto facilmente. I raggi della luce solare, che scaldano i nostri corpi e le nostre menti in estate, possono essere dannosi a molto più che la nostra pelle – le radiazioni ultraviolette che trasmettono sono letali per le fotografie. Ovviamente, gli artisti potrebbero semplicemente non esporre i loro lavori alla luce diretta del sole, o anche conservarli al buio, ma che gioia ci sarebbe in questo?

Fin dagli inizi della fotografia, il vetro – questo materiale trasparente, leggero, e resiliente – è stato usato per proteggere le immagini. Ci sono molti tipi di vetro disponibili sul mercato oggi, con una varietà di proprietà specifiche tra le quali scegliere. Il vetro privo di riflesso è il più indicato per esposizioni, per aiutare i visitatori ad immergersi nella storia dell’immagine grazie alla natura quasi invisibile dello strato di vetro protettivo. Il vetro laminato, resistente all’impatto (come Artglass AR 99 Protect) è fantastico per arte ed archivi fotografici, con una protezione pressoché garantita contro ogni danno meccanico o radiazione ultravioletta. La protezione UV può essere garantita con rivestimenti che bloccano la luce UV in gradazioni diverse, proteggendo l’opera per le generazioni future.

La luce e la fotografia hanno una relazione complicata, lunga quanto il ciclo vitale intero della foto stessa – sia la sua produzione che la sua degradazione accadono tramite l’esposizione alla luce.

Le immagini intese per conservazione o esposizione richiedono protezione adeguata. Quando un fotografo dedica anni del proprio lavoro ad una singola serie di immagini, rendendole il principale movimento della propria vita creativa, o quando la matriarca della famiglia affida delle preziose foto di matrimonio alla sua nipote ormai adulta, è ragionevole volere che questi oggetti di alto valore sentimentale vengano trattati con cura e rispetto.

Articolo di Iveta Gabalina – Fotografa, capo della Galleria ISSP, Riga